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LA GENEALOGIA DELLA SCULTURA

Esposizione collettiva presso la Galleria Blanchaert a Milano Il linguaggio plastico di Rovera è di sicura tangibilità ed evidenza, ma inusuale e volutamente estraneo all’accademismo delle belle arti. Gomitoli espansi di filo metallico, inserti vettoriali luminosi, cartoni tentacolari vengono prelevati dalla concretezza da un’immagine fotografica che sorvola libera e sciolta sui distinguo tra meccanicismo e organicismo, tra informale e realistico senza scivolare mai in un tipo di percezione banalmente valutativa.
Sono invece, queste fotosculture, una matura sperimentazione dialogica tra due categorie estetiche che non sembravano aver nulla da dirsi: la bidimensionalità e la tridimensionalità, la matericità e l’intangibilità. In un’ottica genealogica la poetica espressiva di Rovera descrive - senza definitività né facili ossificazioni di maniera - la terza dimensione della scultura come intenzionalità dell’artista ovvero, alla lettera, un tendere verso la riscoperta del suo processo costitutivo.

Cristina Muccioli
critico d’arte